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IL PRODIGO 317


che m’ha lodà per magnar el mio, e adesso che me sento rimproverà da zente onorata, cognosso la verità. Remedio, se se pol. Ma semio a tempo de remediar? Tutto dipende da sta lite, che gh’ho a Venezia. Stassera aspetto el Dottor. Se nol vien, doman subito corro a Venezia. Se la va ben, torno in pie, remedio ai desordeni, e sto baron de fattor me renderà conto dei negozi, che el m’ha fatto far. Se la va mal, una delle do, o un abito da pellegrin, o un schioppo in spalla a farme mazzar. (parte)

SCENA XIV.

Camera.

Beatrice e Clarice.

Beatrice. Credetemi, amica, ho una passione sì forte per mio fratello, che non mi posso dar pace. Ci siamo amati sempre sin da bambini, e son forzata ad amarlo ad onta de’ suoi disordini e dei dispiaceri, che provar mi tocca per sua cagione. L’ho mortificato poc’anzi, e l’ho veduto rimanere stordito, e quasi mi pento di averlo fatto; pure, se credessi che le mie parole bastassero a farlo ravvedere, tornerei di bel nuovo a mortificarlo.

Clarice. Si vede che voi l’amate davvero, e convien dire che siate di cuore assai tenero, se seguitate ad amarlo, ancora quando meno lo merita.

Beatrice. Se voi lo aveste conosciuto sei o sett’anni sono, lo avreste ritrovato degno d’amore. Non si dà un uomo di miglior cuore di lui. Egli non ha alcun vizio di quelli che fanno agli uomini disonore. Per un amico si getterebbe nel fuoco. Fa stima grande di tutti. Onora le persone di merito. Ama con tenerezza, con sincerità, con costanza. Compiacentissimo in tutto colle persone ch’ei tratta, e questa sua compiacenza è stata causa del suo precipizio. Rimasto solo, fu attorniato da gente trista, da falsi amici, adulatori, mendaci. Si è lasciato condurre da’ suoi domestici, da un fattore briccone; in somma è un povero cieco, che corre al precipizio senz’avvedersene.