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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/372

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318 ATTO TERZO


Clarice. Non si può dir meglio in di lui favore di quel che dite; ma il male si è troppo avanzato, e dubito non vi sia rimedio.

Beatrice. Eppure io credo che con poco si potrebbe ricondurlo sulla prima strada. Siccome i suoi difetti non provengono da un cattivo animo, ma da una troppo facile condiscendenza, basterebbe ch’ei cambiasse la pratica delle persone che lo adulano, in altre sincere ed oneste, vorrei scommettere, ch’ei si riduce come un agnello.

Clarice. Felice lui e felice voi, se ci aveste pensato prima! Ora che non ha più niente di suo, anche il suo pentimento potrebbe credersi disperazione, per non aver più il modo di scialacquare, com’ei faceva.

Beatrice. Se si verificasse l’aggiustamento della sua lite, sarebbe egli ancora nel caso di far conoscere il suo cambiamento.

Clarice. Dubito che anche la lite andrà come il resto delle cose sue.

Beatrice. Se va bene l’affare, vo’ certo procurare di dargli moglie.

Clarice. Non vi riuscirà così facilmente.

Beatrice. Con quattro mila ducati d’entrata, nel suo stato può sperare un conveniente partito.

Clarice. Ed i suoi debiti?

Beatrice. Sono di tal natura, che può con poco ricuperare gli effetti, che ha ipotecato.

Clarice. Avrete in animo di procurargli una buona dote.

Beatrice. No, amica. Vorrei cercar di trovargli soltanto una buona moglie, sendo io persuasa, che una donna di garbo in una casa sia la miglior dote, che possa un uomo desiderare.

Clarice. Quand’egli sia in istato di mantenerla, e dia segni di pentimento del suo costume passato, non vi sarà difficile di ritrovarla.

Beatrice. Così voi foste di lui persuasa, come vi pregherei di secondare le mie intenzioni.

Clarice. Con qual animo mi consigliereste voi che io lo facessi? Non vi vuol poco per vederlo cambiato.

Beatrice. Fatemi una grazia; ve la domando io per la nostra buona amicizia: non partite per ora. Trattenetevi qui qualche giorno.