Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/376

Da Wikisource.
322 ATTO TERZO


Beatrice. Ancora potrebbe darsi che la causa non fosse perduta, che l’aggiustamento seguisse e che voi foste padrone del vostro.

Momolo. El ciel volesse che fusse vero.

Beatrice. Cosa fareste in quel caso?

Momolo. Scrittura per dies’anni de viver come un fio de fameggia.

Beatrice. Sentite, signora Clarice?

Clarice. E per dieci anni non occorrerebbe ch’ei parlasse di maritarsi.

Beatrice. Perchè no? Una moglie saggia e discreta potrebbe ella prendere il carico di regolar la sua casa.

Momolo. Anca de questo saria contento. Ma no merito tanto ben, e pur troppo me sento sulle spalle el mio precipizio.

Beatrice. Parmi di vedere colà il signor Dottore. Sì, è desso. Venga avanti, signor Dottore.

SCENA XVIII.

Il Dottore e detti.

Dottore. Signor Momolo, allegramente.

Momolo. Bone nove?

Dottore. Migliori non possono essere di quel che sono: l'aggiustamento è seguito, ed ecco la liberazione del sequestro. (mostra un foglio)

Momolo. Bravo, evviva; respiro; torno da morte a vita; diseme, l'aggiustamento come xelo? Cossa gh’avemio da dar?

Dottore. Si è accomodato l’avversario con duemila ducati pagabili in quattro tempi a cinquecento ducati l’anno. Siete di ciò contento?

Momolo. Contentissimo. No se podeva far meggio; no la me podeva costar manco de cussì.

Dottore. Converrà che voi ratifichiate l’obbligazione, mentre sulla mia fede mi hanno accordato anticipatamente la liberazione suddetta.

Momolo. Xe giusto, me sottoscriverò1 immediatamente. Caro Dot-

  1. Zatta: me sottoscrivo.