Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/568

Da Wikisource.
512


SCENA VII1

· · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

Florindo. Signori miei stimatissimi, non credo già che sia di vostra intenzione che il divertimento, ch’or si prendiamo, abbia ad esser troppo serioso. Io per dar principio, dirò ciò che intendo circa l’amor platonico delle signore donne in un

                                   SONETTO.
               Nice è fida al suo Tirsi; ella ha ripieno
          Di casto amore il cor costante e forte
          Il suo Tirsi amerà sino alla morte;
          Lo dice, il giura, e si percuote il seno.
               Ma poi la stessa Nice al bel Fileno
          Volge le luci languidette e smorte,
          E sembra sol che il suo dolor conforte.
          Mirando in viso il pastorel sereno.
               Che dobbiam dir di Nice? ella due cori
          In petto ha forse? o pure amar più d’uno
          Puote senza far onta ai casti ardori?
               Ora Nice conosco; ella d’ognuno
          Finge gradir gli appassionati amori.
          Tradisce entrambi, e non adora alcuno.

(Tutti lodano)

Beatrice. Io non sono poetessa. Tuttavolta dirò un sonetto, che ho conservato, perchè mi piace. Egli parla contro i critici delle nostre mode.

                                   SONETTO.
               L’indiscreta ignoranza ognor favella
          Contro il nostro variar di moda in moda;
          Eppur cotanta novità si loda,
          Se per troppo variar natura è bella2.

  1. Dalla sola ed. Bettinelli, dove è sc. VIII (per errore tipografico sc. X).
  2. Il testo
    ha: natura, e bella.