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IL SERVITORE DI DUE PADRONI 555


Silvio. Colui m’intese male; dissi che parlar volevo al di lui padrone.

Florindo. Bene, io sono il di lui padrone.

Silvio. Voi, il suo padrone?

Florindo. Senz’altro. Egli sta al mio servizio.

Silvio. Perdonate dunque, o il vostro servitore è simile ad un altro che ho veduto stamane, o egli serve qualche altra persona.

Florindo. Egli serve me, non ci pensate.

Silvio. Quand’è così, torno a chiedervi scusa.

Florindo. Non vi è male. Degli equivoci ne nascon sempre.

Silvio. Siete voi forestiere, signore?

Florindo. Torinese, a’ vostri comandi.

Silvio. Torinese appunto era quello con cui desiderava sfogarmi.

Florindo. Se è mio paesano, può essere ch’io lo conosca, e s’egli vi ha disgustato, m’impiegherò volentieri per le vostre giuste soddisfazioni.

Silvio. Conoscete voi un certo Federigo Rasponi?

Florindo. Ah! l’ho conosciuto pur troppo.

Silvio. Pretende egli per una parola avuta dal padre togliere a me una sposa, che questa mane mi ha giurato la fede.

Florindo. Non dubitate, amico, Federigo Rasponi non può involarvi la sposa. Egli è morto.

Silvio. Sì, tutti credevano ch’ei fosse morto, ma stamane giunse vivo e sano in Venezia, per mio malanno, per mia disperazione.

Florindo. Signore, voi mi fate rimaner di sasso.

Silvio. Ma! Ci sono rimasto anch’io.

Florindo. Federigo Rasponi vi assicuro che è morto.

Silvio. Federigo Rasponi vi assicuro ch’è vivo.

Florindo. Badate bene che v’ingannerete.

Silvio. Il signor Pantalone de’ Bisognosi, padre della ragazza, ha fatto tutte le possibili diligenze per assicurarsene ed ha certissime prove che sia egli proprio in persona.

Florindo. (Dunque non restò ucciso, come tutti credettero, nella rissa!). (da sè)