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230 ATTO SECONDO

Pasquino. Ve lo dirò io, ma zitto che nessuno lo sappia. (Bisogna inventare qualche cosa). (da sè)

Eleonora. E bene, come l’ha avuto?

Colombina. Uh, che curiosità!

Pasquino. L’ha vinto al giuoco.

Eleonora. Come! giuoca mio marito?

Colombina. Signora sì, giuoca; si diverte ed ha guadagnato.

Eleonora. E a che giuoco ha giuocato?

Pasquino. Aspetti, ora me ne ricordo1. Ha giuocato a un certo giuoco grande, che finisce in one... credo che si dica...

Colombina. Faraone?

Pasquino. O giusto, a faraone.

Eleonora. E con chi ha giuocato?

Pasquino. Oh bella! Col medico che lo visitava.

Eleonora. Col medico?

Colombina. Sì signora, col medico. Per tenerlo sollevato, averà giuocato con lui.

Eleonora. Queste sono scioccherie. Io dubito che qualche cosa vi sia sotto.

Pasquino. Qui non vi è mente, ne sotto, ne sopra; questi sono cinquanta scudi che vi manda il padrone; se li volete, teneteli, se no, glieli porto indietro.

Colombina. Oh diamine! Che cosa mai vorreste2 che dicesse vostro marito, se gli riportasse indietro i cinquanta scudi? Direbbe che non avete bisogno di lui e farebbe qualche cattivo giudizio.

Eleonora. Non so che dire; li prenderò come una provvidenza del cielo, ringraziando l’amore di mio marito, da cui voglio credere mi sieno mandati.

Colombina. Oh, è così senz’altro.

Pasquino. L’è così, sulla mia riputazione.

Eleonora. Ringrazio anche te, Pasquino. Sarai stanco, vattene a riposare.

Pasquino. Non sono stanco, ma ho un altro incomodetto.

  1. Bett. e Sav.: me n’arricordo.
  2. Bett. e Sav.: Cosa vorreste.