Vai al contenuto

Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, III.djvu/39

Da Wikisource.

IL PADRE DI FAMIGLIA 31

Beatrice. Ah disgraziata! Ah indegna! Perchè hai fatto questo male al povero mio Florindo?

Fiammetta. Signora, io non l’ho fatto apposta.

Florindo. Via, non l’avrà fatto apposta.

Beatrice. Ma voglio sapere come e perchè l’hai fatto.

Fiammetta. Se lo volete sapere, ve lo dirò. Questo vostro signor figliuolo è troppo immodesto.

Beatrice. Perchè immodesto? Che cosa ti ha fatto?

Fiammetta. Mi vien sempre d’intorno: mi tocca le mani.

Beatrice. Presto, va a prender dell’aceto, che voglio bagnar le dita a questo povero figliuolo. Presto, dico.

Fiammetta. Vado, vado. (Che bella madre!) (da sè)

Beatrice. Ti ha scottato col ferro?

Florindo. Signora sì.

Beatrice. Lascia, lascia, ne troveremo un’altra. (Poverino! Non va quasi, mai fuor di casa; se non si diverte colla servitù, con chi si ha da divertire?) (da sè)

Florindo. Non vorrei che la mandaste via, signora madre.

Beatrice. No? perchè?

Florindo. Perchè, per dirvela mi accomoda tanto bene le camicie...

Beatrice. Eh bricconcello, ti conosco. Abbi giudizio eh, abbi giudizio. (È giovine, povero ragazzo, lo compatisco). (da sè)

Fiammetta. Eccolo l’aceto. (torna con un vaso d’aceto)

Beatrice. Via, bagnagli quella mano.

Fiammetta. Ma io non so fare.

Beatrice. Guardate. Non sa fare. Ci vuol tanta fatica? Si prende la mano e si versa l’aceto sopra.

Florindo. Fate così, fate presto. Ahi, che dolore!

Fiammetta. (Oh pazienza, pazienza!) ((da sè) Eccomi, come ho da fare?

Florindo. Così, prendi questa mano.

Fiammetta. Così?

Florindo. Così.