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L'EREDE FORTUNATA 559

Pancrazio1. Dove sei, dico? Sei tu andato via?

Florindo. No, signore, son qui. (altera la voce)

Pancrazio2. Vien qua, dammi la mano.

Florindo. Lo farò per obbedirvi. (come sopra)

Rosaura. Solo per obbedire il padre mi darete la mano? Non lo farete per amor mio? Andate, che in tal maniera io non vi voglio.

Florindo. (Oh questa è bella). (da sè) Mia cara, io v’amo... (come sopra)

Rosaura. La vostra voce fa conoscere il turbamento del vostro cuore. Pensate bene, che poi...

Pancrazio3. Eh via, quanti discorsi! Ottavio, dammi la mano. (prende la mano a Florindo)

Florindo. Eccola. (Fortuna, non mi abbandonare). (da sè)

Pancrazio4. Via, sbrigatevi, prendetevi la mano, e terminiamo questo affare. (unisce la mano di Rosaura a quella di Florindo)

Rosaura. Eccovi la mia destra, e con essa il mio cuore.

Pancrazio5. State forte; non vi movete. Questa promissione non sarebbe sussistente, se non vi fossero due testimoni. Chi è di là, vi è nessuno?

Florindo. (Vorrebbe liberarsi.)

Pancrazio6. Eh via, fermati, tu non mi scappi. Vi è nessuno, dico?

SCENA XII.

Fiammetta col lume, e detti.

Fiammetta. Signore, che comandate?

Pancrazio7. Ohimè, che negozio è questo? Che è questo tradimento? Che cosa fate qua, signor Florindo? (lo lascia)

  1. Bett.: «Pant. Dov’estu. digo? Xestu andà via?»
  2. Bett.: «Pant. Vien qua, dame la man».
  3. Bett: «Pant. Eh via, quanti dottoressi. Ottavio, dame la man».
  4. Bell.: «Pant. Via, tocchevela lutti do. Marideve cussì a scuro, che questo xe un mistier che el se pol far senza luse».
  5. Bett.: «Pant. Forti là; non ve movè. Sta promission no la tegnerave, se no ghe fusse do testimoni. Oe, delà gh’è nissun?»
  6. Bett.: «Pant. Eh, pezzo de matto, no ti me scampi. Ch’i nissun? digo».
  7. Bett. «Pant. Olà! Coss’è sto negozio? Coss’è sto tradimento? Costa feu qua, sior Florindo?»