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LE FEMMINE PUNTIGLIOSE 157

arrivo ad essere ammessa e ben accettata in una pubblica conversazione di dame, son contenta; ma se ciò non mi riesce, prima di partir da Palermo, voglio lasciare qualche memoria di me.

Brighella1 Lustrissima, un’altra visita. L’è qua la signora contessa Eleonora.

Rosaura. La contessa Eleonora? Che stravaganza è questa! E dov’è ella?

Brighella. In carrozza, che l’aspetta la risposta dell’ambassada.

Rosaura. Ha veduto la contessa Clarice?

Brighella. L’è arrivada giusto in tempo, che la signora contessa Clarice montava in carrozza. Le s’ha fermà tutte do, le ha fatto un atto d’ammirazion, e po le s’ha parlà sotto vose, ma mi ho sentido tutto.

Rosaura. E che cosa hanno detto?

Brighella. Ha dito la signora contessa Eleonora a quell’altra: Che cosa fate qui? Responde la signora contessa Clarice: Sono venuta dalla mercantessa a comprar ventiquattro braccia di stoffa d’oro. Brava! (ha dito la signora contessa Eleonora:) ed io vengo a comprare della tela d’Olanda.

Rosaura. Possibile che abbiano parlato così?

Brighella. Le ha dito cussì, in coscienza mia.

Rosaura. (Ecco il puntiglio! Una non vuol far credere all’altra d’aver della stima per me. Ma ancora mi convien dissimulare; quando sarà tempo di parlare, parlerò). (da sè) Porta via questo tavolino con queste stoffe, acciò non dica che io vendo la roba a braccio, e di’ al bracciere che venga pure, ch’è padrona.

Brighella. (Che bella cosa! Vegnir a Palermo a spender i so quattrini2 per farse burlar), (da sè; parte col tavolino, poi torna)

Rosaura. Parmi un sogno che la contessa Eleonora venga a casa mia, dopo la scena fatta in casa della contessa Beatrice. O viene per iscusarsi, o viene per insultarmi. Nel primo caso sarebbe troppo umile, nel secondo troppo ardita. Ma siccome

  1. Comincia in Bett. la sc. IX.
  2. Bett.: bezzi.