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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/244

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234 ATTO PRIMO

Eugenio. Cara pellegrina, se volete un mezzo ducato, ve lo posso dare. (Tutto quello che mi è avanzato dal giuoco). (da sè)

Placida. Ringrazio la vostra pietà. Ma più del mezzo ducato, più di qual si sia moneta, mi sarebbe cara la vostra protezione.

Eugenio. (Non vuole il mezzo ducato; vuole qualche cosa di più). (da sè)

SCENA XV.

Don Marzio dal barbiere, e detti.

Don Marzio. (Eugenio con una pellegrina! Sarà qualche cosa di buono!) (siede al caffè, guardando la pellegrina coll'occhialetto)

Placida. Fatemi la carità; introducetemi voi alla locanda, raccomandatemi al padrone di essa, acciò, vedendomi così sola, non mi scacci o non mi maltratti.

Eugenio. Volentieri. Andiamo, che vi accompagnerò. Il locandiere mi conosce, e a riguardo mio, spero che vi userà tutte le cortesie che potrà.

Don Marzio. (Mi pare d’averla veduta altre voltre). (da sè, guarda di lontano coll’occhialetto)

Placida. Vi sarò eternamente obbligata.

Eugenio. Quando posso, faccio del bene a tutti. Se non ritroverete vostro marito, vi assisterò io. Son di buon cuore.

Don Marzio. (Pagherei qualche cosa di bello a sentir cosa dicono). (da sè)

Placida. Caro signore, voi mi consolate colle vostre cortesissime esibizioni. Ma la carità d’un giovane, come voi, ad una donna che non è ancor vecchia, non vorrei che venisse sinistramente interpretata.

Eugenio. Vi dirò, signora: se in tutti i casi si avesse questo riguardo, si verrebbe a levare agli uomini la libertà di fare delle opere di pietà. Se la mormorazione è fondata sopra un’apparenza di male, si minora la colpa del mormoratore; ma se la gente cattiva prende motivo di sospettare da un’azion buona o indifferente, tutta la colpa è sua, e non si leva il merito a