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276 ATTO TERZO

Leandro. Vi prego d’una grazia; datele questi due zecchini, poi mandatela via. Scusatemi1, e torno subito. (gli dà due zecchini)

Don Marzio. Le darò i due zecchini. Andate via.

Leandro. Ma assicuratevi che ella parta...

Don Marzio. Andate, che siate maledetto.

Leandro. Mi scacciate?

Don Marzio. Ve lo dico amorosamente per vostro bene, andate che il diavolo vi porti.

Leandro. (Oh che razza di uomo! Se strapazza gli amici, che farà poi coi nemici!) (va in casa di Lisaura)

Don Marzio. Il signor Conte! Briccone! Il signor Conte! Se non si fosse raccomandato a me, gli farei romper l’ossa di bastonate.

SCENA III.

Placida dalla locanda, e detto.

Placida. Sì, nasca quel che può2 nascere, voglio ritrovare quell’indegno di mio marito.

Don Marzio. Pellegrina, come va?

Placida. Voi, se non m’inganno, siete uno di quelli che erano alla tavola con mio marito.

Don Marzio. Sì, son quello delle castagne secche.

Placida. Per carità, ditemi dove si trova quel traditore.

Don Marzio. Io non lo so, e quando anco lo sapessi, non ve lo direi.

Placida. Per che causa?

Don Marzio. Perchè, se lo trovate, farete peggio. Vi ammazzerà.

Placida. Pazienza! Avrò terminato almeno di penare.

Don Marzio. Eh, spropositi! bestialità! Ritornate a Torino.

Placida. Senza mio marito?

Don Marzio. Sì, senza vostro marito. Ormai che3 volete fare? È un briccone.

Placida. Pazienza! Almeno vorrei vederlo.

  1. Così l’ed. Bett.; tutte le altre, forse per isbaglio: scrivetemi.
  2. Bett.: sa.
  3. Bett.: già cosa ne.