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468 ATTO SECONDO


me despiase che el fazza sta cattiva figura presso la servitù, e la servitù parla per tutto, e la zente ride. Ma za che la me dona tanta confidenza, la me permetta de dirghe una cossa con libertà, qua che nissun ne sente.

Sigismondo. Dite pure.

Brighella. Tutti sa che V. S. ha avudo i denari da pagarne, e se mormora assae.

Sigismondo. Amico, non è vero.

Brighella. Mi so tutto.

Sigismondo. Orsù, vi consiglio prendere il vostro denaro e star cheto.

Brighella. Questo po no. Non voio esser differenzià dai altri. Semo tutti camerada: o tutti, o nissun.

Sigismondo. Oh bene! Non l’avrete nemmeno voi.

Brighella. Che giustizia ela questa? Non avemo d’aver el nostro? Ricorrerò al padron.

Sigismondo. Sì, caro, ricorrete. Dite le vostre ragioni, a me non fate torto. (lo accarezza)

Brighella. Mi non ho bisogno de tante carezze; ho bisogno de bezzi per mi e per i mi compagni.

Sigismondo. Siate benedetto! Fate bene a procurare per tutti. Ammiro la vostra onoratezzza.

Brighella. Quando saremo pagadi?

Sigismondo. Ricorrete al padrone.

Brighella. Me dala libertà che ricorra?

Sigismondo. Sì, caro Brighella, ricorrete. V’introdurrò io.

Brighella. (Bisogna che i denari nol li abbia avudi). (da sè)

Sigismondo. Quando volete venire?

Brighella. Se la me conseia, anderò stassera.

Sigismondo. Sì, questa sera, vi farò io la scorta.

Brighella. Basta; se l’avesse offesa, ghe domando perdon.

Sigismondo. Caro amico, niente affatto. Vi compatisco. Comprendo il vostro zelo; vi lodo infinitamente.

Brighella. La me permetta... (gli vuol baciar la mano)

Sigismondo. Oh! non voglio assolutamente. Ecco un atto di buona amicizia. (lo abbraccia)