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78 | ATTO TERZO |
per precetto che non si facciano lavorare in scena più di tre persone in una volta, e in questa scena sono cinque.»
Orazio. Perdonatemi, dite a chi ve l’ha dato ad intendere, che Orazio non va inteso così. Egli dice: Nec quarta loqui persona laboret. Alcuni intendono che egli dica: Non lavorino più di tre. Ma egli ha inteso dire che, se sono quattro, il quarto non si affatichi, cioè che non si diano incomodo i quattro attori un con l’altro, come succede nelle scene all’improvviso, nelle quali, quando son quattro o cinque persone in scena, fanno subito una confusione. Per altro le scene si possono fare anche di otto e di dieci persone, quando sieno ben regolate e che tutti i personaggi si facciano parlare a tempo, senza che uno disturbi l’altro, come accordano tutti i migliori autori, li quali hanno interpretato il passo d’Orazio da voi allegato.
Lelio. Anche qui, dunque, ho detto male.
Orazio. Prima di parlare sopra i precetti degli antichi, conviene considerare due cose: la prima, il vero senso con cui hanno scritto; la seconda, se a’ nostri tempi convenga quel che hanno scritto; mentre, siccome si è variato il modo di vestire, di mangiare e di conversare, così è anche cangiato il gusto e l’ordine delle commedie.
Lelio. E così questo gusto varierà ancora, e le commedie da voi adesso portate in trionfo, diverranno anticaglie, come la Statua, il Finto Principe, e Madama Pataffiaa.
Orazio. Le commedie diverranno antiche, dopo averle fatte e rifatte; ma la maniera di far le commedie, spererei che avesse sempre da crescere in meglio. I caratteri veri e conosciuti piaceranno sempre, e ancorchè non sieno i caratteri infiniti in genere, sono infiniti in specie, mentre ogni virtù, ogni vizio, ogni costume, ogni difetto prende aria diversa dalla varietà delle circostanze.
Lelio. Sapete cosa piacerà sempre sul teatro?
Orazio. E che cosa?
- ↑ Commedie delle peggiori dell’arte.