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IL VERO AMICO 341

Florindo. Non vorrei mai che credeste ch’io avessi scritto per inclinazione, per passione.

Lelio. Al contrario bramerei che la vostra lettera fosse sincera, che foste nel caso di pensar come avete scritto, e che un tal partito vi convenisse.

Florindo. Voi bramereste ciò?

Lelio. Sì, con tutto il mio cuore. Ma vedo anch’io quali circostanze si oppongono, ed ho capito fin da principio che avete scritto per bizzaria, e che vi burlate di una femmina che si lusinga.

Florindo. Io non credo ch’ella abbia alcun motivo di lusingarsi.

Lelio. Eppure vi assicuro che si lusinga moltissimo. Sapete le donne come son fatte. Le attenzioni di un uomo civile, di un giovane manieroso, vengono interpretate per inclinazioni, per amore. E per dirvi la verità, ella stessa mi ha detto che contava moltissimo sulla vostra inclinazione per lei.

Florindo. E voi che cosa le avete risposto?

Lelio. Le ho detto che ciò mi pareva difficile, che avrei parlato con voi, e se avessi trovato vero quanto ella suppone, avrei di buon animo secondate le di lei intenzioni.

Florindo. Caro amico, possibile che la vostra amicizia arrivi per me a quest’eccesso?

Lelio. Io non ci trovo niente di estraordinario. Ditemi la verità, inclinereste voi a sposarla?

Florindo. Oh cieli! Che cosa mi domandate? A qual cimento mettete voi la mia sincerità, in confronto del mio dovere?

Lelio. Orsù, capisco che voi l’amate. Può essere che l’amore che avete per me, vi faccia in essa trovar del merito; non abbiate riguardo alcuno a spiegarvi, mentre vi assicuro dal canto mio, che non potrei desiderarmi un piacer maggiore.

Florindo. Signor Lelio, pensateci bene.

Lelio. Mi fate ridere. Via, facciamolo questo matrimonio.

Florindo. Ma! E il vostro interesse?

Lelio. Se questo vi trattiene, non ci pensate. E vero ch’ella è più ricca di me, che da lei posso sperar qualche cosa, ma ad un amico sagrifico tutto assai volentieri.