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IL VERO AMICO 343


nozze. Ora vado dalla signora Beatrice, e se ella non s’oppone, vi può dare la mano quando volete.

Florindo. (Povero me: se la signora Rosaura sa questa cosa, che dirà mai!) (da sè) Caro amico, vi prego di una grazia, di quest’affare non ne parlate a nessuno.

Lelio. No? Per qual causa?

Florindo. Ho i miei riguardi. A Venezia non ho scritto niente; se mio zio lo sa, gli dispiacerà, ed io non lo voglio disgustare. Le cose presto passano di bocca in bocca, e i graziosi si dilettano di scriver le novità.

Lelio. Finalmente, se sposate mia zia, ella non vi farà disonore.

Florindo. Sì, va bene, ma ho gusto che non si sappia.

Lelio. Via, non lo dirò a nessuno. Ma alla signora Beatrice...

Florindo. Neppure a lei.

Lelio. Oh diavolo! Non lo dirò alla sposa? La sarebbe bella!

Florindo. S’ella lo sa, in tre giorni lo sa tutta Bologna.

Lelio. Eh via, spropositi. Amico, state allegro, non vedo l’ora che si concludano queste nozze. (parte)

SCENA X1.

Florindo solo.

Bella felicità, bellissima contentezza! Oh me infelice, in che impegno mi trovo! Che colpo è questo! Che caso novissimo non previsto e non mai immaginato! Che2 ho io da fare? Sposare la signora Beatrice? No certo. Rifiutarla? Ma come? Lelio dirà che son volubile, che son pazzo. Andar via, fo male. Restar? Fo peggio. E la signora Rosaura che cose dirà di me? Alla sua lettera non ho risposto. Se viene a saper ch’io abbia a sposar la signora Beatrice, che concetto formerà ella de’ fatti miei? Spero che Lelio non glielo dirà; ma se glielo dice? Bisognerebbe disingannarla. Ma come ho io da fare? In questo

  1. Il principio di questa scena, com’è nell’ed. Paperini, vedasi in Appendice.
  2. Pap.: Adesso che.