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138 ATTO PRIMO


Orazio. Vi dico che non me n’importa.

Ridolfo. Mio fratello è un galantuomo, la pagherà.

Dottore. Ma... è vero che son debitore a questo mio corrispondente di qualche somma, ma i conti non sono liquidati, e non credo arrivi il debito a questa somma.

Orazio. Basta, intendetevela con lui, che per me non ci penso.

Dottore. Certa cosa è, che cento zecchini nel di lei caso sono una bagattella; scriverò all’amico, liquideremo i conti, e quello che gli dovrò dare, glielo darò.

Orazio. Fate una cosa, signor auditore. Accettate la lettera per onor della firma; già io non me ne varrò.

Dottore. Ma quando la lettera è accettata...

Ridolfo. S’egli dice che non se ne varrà.

Dottore. Eh, insegnatemi a passeggiare in cadenza (caricandolo) e non a fare gl’interessi miei.

Orazio. Signore, favoritemi di quella cambiale. (al Dottore)

Dottore. Eccola; scriverò all’amico... (gliela dà)

Orazio. Aspettate, vi farò vedere io come si fa. (s accosta al tavolino)

Dottore. Che cosa intende di voler fare?

Orazio. Perdonate. (scrive sulla cambiale medesima)

Ridolfo. Fratello mio, badate bene, non vi precipitate voi, e non precipitate me ancora. (piano al Dottore)

Dottore. Io procedo onoratamente; quel che dico, è la verità. Non sono debitore di quella somma. (piano a Ridolfo)

Ridolfo. Ma si potrebbe facilitare. Poco più, poco meno. Si tratta di fare la nostra fortuna. (piano al Dottore)

Dottore. Il cielo lo voglia. (piano a Ridolfo)

Ridolfo. Testaccia maledetta! Mi fa una rabbia!

Orazio. Ecco fatto, signor auditore. Tenga la sua cambiale. (gli dà il foglio)

Dottore. Come! Vi ha fatto sopra la ricevuta?

Orazio. Sì signore, così si tratta cogli amici.

Dottore. Ma se io questa somma non la devo pagare!

Orazio. Faccia conto d’averla pagata. Scriverò al traente che la cambiale è soddisfatta, e non pensi ad altro.