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144 ATTO SECONDO


SCENA III.

Donna Claudia e detti.

Metilde. E lo stuzzicadenti che vi è dentro, sarà d’oro esso pure? (aprendo l’astuccio)

Claudia. (Osserva in disparte.)

Arlecchino. Oro fin, oro antigo. De quello che se usava al tempo de Otton imperator.

Metilde. È una bella galanteria.

Arlecchino. Bella!... (Oe, vardè che xe qua vostra siora madre). (piano a donna Metilde)

Metilde. (Povera me! che non me lo veda). (vuol rimpiattarlo)

Claudia. Che ha di bello la signora figliuola?

Metilde. Niente, signora.

Claudia. Niente eh? Favorisca lasciarmi vedere.

Metilde. Che cosa?

Claudia. Quel bell’astuccio che ha rimpiattato.

Metilde. È una cosa ch’io...

Arlecchino. (Adesso la va ben). (da sè)

Claudia. Presto, vi dico.

Metilde. Eccolo.

Claudia. Bellino!

Metilde. (Mi mangerei dalla rabbia). (da sè)

Claudia. D’onde l’ha avuto, signora?

Metilde. Posso averlo avuto ancor io, com’ella ha avuto la tabacchiera d’avorio.

Arlecchino. (Pezo). (da sè)

Claudia. Quello che ha mandato a me questa scatola, ha mandato a voi questo astuccio?

Metilde. Non l’ha ritrovata per terra la scatola?

Claudia. Non signora, non l’ho ritrovata per terra. (bruscamente)

Arlecchino. L’ha ben trova ela el stucchio per terra. (a donna Claudia)

Metilde. (Costui mi mette delle pulci in capo). (da sè)

Claudia. Andate nella vostra camera. (a donna Metilde)