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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 461
E scrivo questo foglio, e il Signor Conte mando,

E alla sua bona grazia son serva come e quando.
Se vuol aver l’onore di venire da me;
E condurrà con lui anche il Signor Lacchè.

Che lettera, che lettera da mettere in cornice:
Se tratto questa donna, ho da essere felice!
Io che sol divertirmi cerco qualche momento.
Dove mai trovar posso miglior divertimento?
Prendi, che te lo meriti. (gli dà uno scudo)
  Da madama Graziosa.
Anderò quanto prima.
Frugnolo.   Signore, un’altra cosa:
In fin di quella lettera ha detto, pare a me,
«E condurrà con lei anche il signor lacchè».
Conte. Temerario! Lo so, che voi altri bricconi
Volete essere a parte talor con i padroni.
Se ardirai di por piede mai più su quelle scale,
Affè, di bastonate ti fiaccherò le spalle.
Frugnolo. Non ci anderò, signore, si fidi pur di me.
Quando non mi chiamasse a torcere il toppè. (parte)

SCENA IV.

Il Conte solo.

Ma che diran le dame, se vedon che mi getto

A fare a una pedina la corte a lor dispetto?
Dican quel che san dire; non manco al mio dovere,
Trattando alle ore debite con lor da cavaliere.
Circa all’affetto poi, posso con libertà
Disporre, senza offendere la loro nobiltà.
Donna Bianca è sdegnata, è ben troncar l’impegno,
Che un dì potria condurmi a perdere l’ingegno.
Mi è ancor della Marchesa l’inclinazione oscura,
E madama Graziosa è pronta, ed è sicura.
Credo impiegarla bene un po’ di servitù.
Io bramo divertirmi, senza cercar di più.