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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/470

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462 ATTO SECONDO

SCENA V.

Il signor Alberto e detto.

Alberto. Amigo, son da vu con delle cosse tante.

Conte. Amico, in questo punto mi ho trovato un’amante.
Alberto. Donna Bianca, gramazza, l’abbandonè cussì?
Conte. Che dice donna Bianca?
Alberto.   La pianze tutto el dì.
Conte. Ecco, codeste lagrime mi seccano all'estremo.
Alberto. Le dise ben le donne. Gran omeni che semo!
Se una donna ne manca un attimo, un momento.
Se cria, se dise roba, se fa ressentimento,
El sesso tutto intiero se sente a maledir;
E de nu, poverazze, cossa no porle dir?
Conte. Io non son stato il primo. Ragione ho sufficiente
Di staccarmi da lei.
Alberto.   Ma la lassè per gnente.
Conte. Per niente? Ho da soffrire per sciocca gelosia,
Che mi perda il rispetto?
Alberto.   Tolè, la xe pentia.
Conte. Pentita? Non lo credo.
Alberto.   Conte, da quel che son,
Mi l’ho ridotta infina a domandar perdon.
Conte. Perdono? Ad una dama tanto non si convien.
Alberto. Eh, che no xe mai troppo, quando che se vol ben.
Conte. Chiedere a me perdono?
Alberto.   Sì ben, tra de nu tre.
Conte. Ma poi non lo farebbe.
Alberto.   No l’al faria? Perchè?
Co ve lo digo mi.
Conte.   Sarebbe un bel trionfo
Questo per un amante.
Alberto.   Deventeressi sgionfo.
Conte. Finor qualunque donna costretta a distaccarsi,
L’ho veduta crepare piuttosto che umiliarsi.