Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/153

Da Wikisource.

LO SPIRITO DI CONTRADIZIONE 145
Dorotea.   Sollecitar conviene.

Gasperina. Eccolo ch’ei ritorna. Volete ch’io gliel dica?
Dorotea.   Diglielo, ti permetto.
Gasperina. Il ciel vi benedica.
Volpino. Ma voi non fate niente.
Gasperina.   Finora ho fatto assai.
Alla nostra padrona la cosa io palesai.
Ella benigna al solito, al solito pietosa,
Lascia ch’io mi mariti, e che di te sia sposa.
Volpino. Davvero?
Dorotea.   Io non mi oppongo; anzi, in segno di affetto.
Qualche poco di dote ad ambidue prometto.
Volpino. Posso ben a ragione chiamarmi fortunato.
Se a tutta la famiglia tal matrimonio è grato.
Contento il padron vecchio, contento il figlio ancora,
Restavami l’assenso aver dalla signora.
Dorotea. suocero e il mio sposo sono di ciò avvisati?
Volpino. Sì signora, con essi gli affari ho accomodati.
Ora tutto è compito, se voi me l’accordate.
Dorotea. Di ciò ne parleremo. La mensa sparecchiate.
(sostenuta)
Volpino. Non ne siete contenta?
Dorotea.   Prendo tempo a pensare.
La tavola frattanto seguite a sparecchiare.
Volpino. Gasperina...
Gasperina.   Signora... (a Dorotea, pateticamente)
Dorotea.   Voi mi parete ardita;
Quando vi do un comando, vogli’ essere obbedita.
Gasperina. Via, levate quei tondi. (a Volpino)
Volpino.   (Veggovi dell’intrico).
(leva i tondi e le posate, e rimette il tutto nella cesta bel bello)
Gasperina. Mi parete cangiata.
Dorotea. Sì, mi cangiai, tel dico.
Costui che da mio suocero mostra tal dipendenza,
È sedotto a sposarti per farmi un’insolenza.