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386 ATTO SECONDO
Ma non ha ben capito l’accusa qual sìa stata.

Tognino. Hanno detto ai padrone che siete innamorata.
Che da voi Baldissera venuto è stamattina,
E che attrappare il vecchio fra di voi si destina.
Valentina. Ed egli l’ha creduto?
Tognino.   Parvemi da’ suoi detti,
Ch’ei le rimproverasse per simili sospetti.
Parvemi che scacciate partissero con duolo;
Ma fremer l’ho veduto, quando rimasto è solo.
Vedo che vi è motivo di temer, di sperare.
Ed io per vostra regola vi vengo ad avvisare.
Valentina. Davver, caro Tognino, ch’io vi sono obbligata,
E all’attenzione vostra non mi vedrete ingrata.
Ma fatemi un piacere: trovate Baldissera,
Ditegli che da me non venga innanzi sera.
Anzi che per parlare fra noi con libertà.
Di mia sorella in casa ad aspettarmi andrà.
Tognino. Volentieri, vi servo con tutto il genio mio.
Ma un favore, una grazia vo’ domandarvi anch’io.
Trovomi in un impegno con certi amici miei;
Con onor, se potessi, uscirmene vorrei.
Abbiamo stabilito pranzare in compagnia:
Deggio anch’io, come gli altri, portar la parte mia;
Non avendo quattrini, non so come mi fare,
Voi sola, Valentina, mi potete aiutare.
Valentina. Volentieri, Tognino, siete padron di tutto.
Vi darò, se volete, un pezzo di prosciutto.
Vi darò del buon vino, del meglio che vi sia.
Tutto quel che volete; la chiave è in mano mia.
Tognino. Ma che nessun di casa lo sappia.
Valentina.   O questa è buona!...
E chi l’ha da sapere? non son io la padrona?
Tognino. Due salviette vorrei e due posate ancora.
Valentina. Due posate? per chi?
Tognino.   Per me e la mia signora.