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86 ATTO QUINTO
La causa del mio stato ho a voi raccomandata,

E interpretar potevasi la mia rassegnazione
Arte di scaltra femmina, ovver disperazione.
Pochi momenti sono, è un cavalier venuto,
Non dirò per qual fine, ad offerirmi aiuto.
Mi esibisce egli stesso condurmi al regal piede,
Per domandar giustizia, per ottener mercede;
E per assicurarmi esserne il Re informato,
Con un regio ministro sen venne accompagnato.
Nel mar delle sventure ei mi offerisce il porto.
Ma al protettor primiero far non consento un torto.
Tanto di voi mi fido, in voi tanto riposo,
Che il mio destino altronde di procacciar non oso:
Certa che don Fernando ha un’anima onorata,
Certa ch’esser non posso tradita, abbandonata.
Ecco del mio destino, ecco il fatal momento:
Ah, da fiducia estrema incoraggir mi sento!
Duca, veggo i rimorsi, che al vostro cuor fan guerra;
So che il rossor vi sforza fissar le luci in terra.
Ecco il giudice nostro. Suocero, amico e zio
So che voi lo vantate, ma ancora è padre mio.
Fernando. Ah sì, donna Marianna, tanto più meritate,
Quanto più nell’onore di un cavalier fidate.
Del protettor novello, per onestà e rispetto,
Il nome non vi chiedo, ma in cuor serbo il sospetto.
Qual che a voi lo conduce, sia zelo o sia malizia,
Sagrificar pretende la fama alla giustizia.
In cause di tal sorte, ove l’onor s’impegna,
Lo strepito fuggire ogni prudenza insegna.
Ed io prima di tutto fissai nel mio pensiero
Condur la causa vostra per nobile sentiero.
Celo a voi quel disegno che m’inspirò il mio zelo;
Altro dall’uom si medita, altro dispone il cielo.
Per altra via più facile al vostro ben provvedo.
Ecco il duca Luigi....