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LE DONNE DI BUON UMORE 245


Cavaliere. Niente, signora, vi servo io. Ecco una sedia; eccone un’altra; eccone una per me. Passiamo il tempo; diciamo qualche cosa di allegro; facciamo quello che per solito si suol fare, diciamo male di qualcheduno.

Costanza. Oh, io non dico mal di nessuno.

Felicita. Nè meno io certamente.

Cavaliere. Quanto è che non avete veduta la signora Dorotea?

Costanza. È stata qui stamattina.

Felicita. È stata qui con sua figlia.

Costanza. Quella donna è sempre stata una pazza, e lo sarà sin che vive.

Felicita. E sua figlia la vuole imitare perfettamente.

Cavaliere. Così mi piace; che non si dica mal di nessuno.

Costanza. Diceva così per dire...

Cavaliere. Eh niente, per conversazione.

Felicita. Voi subito volete criticare.

Cavaliere. Io? Il ciel me ne guardi. Per quanti motivi che io abbia, non critico mai. Per esempio, che importa a me che una moglie vada in maschera ai festini, ai teatri, e lasci il marito a casa, e si faccia fresco di lui? Io non la vuò criticare.

Felicita. (Maledettissimo! Parla di me ora).

Costanza. Signor Cavaliere, parlereste voi forse della signora Felicita?

Cavaliere. Oibò! Non so niente. Sarebb’ella forse nel caso? Mi spiacerebbe infinitamente.

Felicita. Parliamo d’altro. Ieri sera siete stato al teatro?

Cavaliere. Sì, signora, ci sono stato. Anzi ho una chiave ancora per questa sera; se comandate, vi posso servire.

Costanza. Che commedia fanno?

Cavaliere. La Vedova spiritosa.

Costanza. Oibò, oibò, non la voglio vedere.

Felicita. È malinconica, è una seccatura.

Cavaliere. E pure vi sono delle scene da ridere.

Costanza. Quando non vi sieno le maschere, le commedie non si posson soffrire.