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308 ATTO SECONDO
Conosco il cuor mendace. Vuole che innanzi io vada,

A’ suoi disegni occulti ad appianar la strada.
Brama che di me siate novellamente accesa,
Onde la virtù vostra più debole sia resa,
Sperando che accecata dalle lusinghe altrui,
Siate costretta un giorno a paventar di lui.
Finsi di non capire i suoi disegni oscuri,
Perchè di un altro mezzo servirsi ei non procuri.
Mostrai la grazia vostra di sospirare io stesso;
Lasciai ch’egli mandasse sotto mio nome il messo.
Venni per avvertirvi; so che donna avvisata,
Più facile si rende soccorsa e preservata.
Deh accettate, signora, della mia stima in segno,
E del mio zelo in prova, quest’onorato impegno.
Marchesa. Siete per me impegnato onestamente, il veggio.
Ma la condotta vostra disapprovare io deggio.
Perdonatemi, Conte, non si dovea quell’empio
Nella macchina occulta tentar col mal esempio.
E voi, se l’amor mio seco sperar mostrate,
L’onor mio calpestando, è un torto che mi fate.
Dissimular volendo il suo disegno espresso,
Doveva un cavaliere difendere se stesso.
Risponder dovevate al perfido consiglio
Colle rampogne in bocca, e col furor nel ciglio.
Era vostro dovere rispondere all’ingrato:
Non tenta un nobil cuore un animo onorato.
La Marchesa conosco, conosco il suo costume,
So che l’onore apprezza, so che la fè è il suo nume.
So che tradir lo sposo la femmina è incapace,
E chi tal non la crede, è un temerario audace.
S’egli scopertamente svelava il suo disegno,
Era di minacciarlo vostro preciso impegno.
Io che femmina sono, al mio dover non manco.
Voi per qual fin portate codesta spada al fianco?
Difendere le dame opra è da cavaliere: