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408 ATTO TERZO
Ottavio. Che vuol dir che vi vedo confusa ed agitata?

Forse è cagion la lettera?
Lelio.   (Temo sia innamorata).
Brigida. La senta, sior Ottavio.
Ottavio.   Eccomi a voi repente.
Brigida. Ghe confido sta polizza, ma che nol diga gnente.
Ottavio. (Brigida mia carissima, a forza son costretto
Lasciarvi in abbandono, ad onta dell’affetto.
Mio padre mi richiama...)
(legge in disparte)
Lelio.   Posso sentire anch’io?
Ottavio. Permettete che il senta anche l’amico mio.
(a Brigida)
Brigida. Me despiase...
Ottavio.   Che importa?
Lelio.   Sono in curiosità.
Ottavio. Non vi perdete d’animo; qualche cosa sarà. (a Lelio)
Quel che scrive, è un amante.
Lelio.   L’ho detto.
Ottavio.   E che per questo?
Le cose di tal sorte io le accomodo presto.
Contessa adoratissima.
Brigida.   Dise cusì?
Ottavio.   Tacete.
So leggere, signora.
Lelio.   Caro amico, leggete.
Ottavio. Pur troppo da gran tempo io vidi a più d’un segno,
Che della grazia vostra son diventato indegno.
So che Lelio dal Sole teneramente amate.

Brigida. Dise cusì? (ad Ottavio)
Ottavio.   Tacete. (a Brigida)
Lelio.   Amico, seguitate.
Ottavio. Di ciò solo vi prego, ditemi sì, o no.
Cosa risponderete? (a Brigida)
Brigida.   Mi dasseno nol so.
Ottavio. Galantuomo. (a Toni)