Pasquina. In fondo, gli attestati
Della mia condizione vedrete autenticati.
Conte. Noi qui appiè sottoscritti, con nostro giuramento
Diciamo ed attestiamo di comun sentimento,
Che l’onesta fanciulla, la signora Pasquina,
Un giorno fu illustrissima, ed ora è poverina.
(la guarda un poco)
Pasquina. Non fo per dir....
Conte. E nata, la povera infelice,
Da nobil genitore, da nobil genitrice.
(la guarda, ed essa mostra d’arrossire)
Fino al giorno presente, in fresca gioventù,
È sempre stata al mondo un fiore di virtù.
Savia, onesta, dabbene, amando di patire
Piuttosto che far male. Brava. (guardandola)
Pasquina. Non fo per dire.
Conte. Questo elogio non basta per ritrovar marito?
Pasquina. Signor, senza contanti non trovasi partito. (piangente)
Conte. E quanto vi vorrebbe per il vostro bisogno?
Pasquina. In verità, signore, a dirlo io mi vergogno.
Conte. Dite liberamente. Ho piacer di sentire.
Pasquina. Per la nascita mia, certo, non fo per dire,
Molto più vi vorrebbe; ma nel stato presente,
Credo che mille scudi sia dote sufficiente.
Conte. (Per ora non mi sento di ber questo sciroppo).
Signora, mille scudi, non fo per dire... è troppo.
Pasquina. Pazienza; già l’ho detto, che povera son nata,
E che dovrò vedermi da tutti abbandonata, (piangente)
Conte. Di grazia, non piangete.
Pasquina. Il memorial.
(chiedendogli il memoriale pateticamente)
Conte. Pigliate.
(nel darle il memoriale, Pasquina gli prende la mano)
Pian, signora Pasquina, la man non mi toccate.
Pasquina. Ho la rogna alle mani?