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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA 115


Ferdinando. Egli lo sa, signora mia, egli lo sa benissimo, e voi, compatitemi, gli fate torto, e non avete di lui quella stima ch’ei merita. Dite a me, signor Tognino, che cosa gli ordinereste?

Tognino. Gli ordinerei della cassia, e della manna, e della sena, e del cremor di tartaro, e del sal d’Inghilterra.

Costanza. Cioè, o una cosa, o l’altra.

Ferdinando. E tutto insieme, se ve ne fosse bisogno.

Tognino. E tutto insieme, se ve ne fosse bisogno.

Ferdinando. Bravo; evviva il signor dottorino.

Rosina. Orsù, mutiamo discorso.

Costanza. A che ora è partito vostro signor padre? (a Tognino)

Tognino. Quando è partito, io dormiva. Non so che ora fosse.

Costanza. Non ve l’hanno detto in casa a che ora è partito?

Tognino. Me l’hanno detto, ma non me ne ricordo.

Ferdinando. (Spiritosissima creatura!)

Rosina. E quando credete ch’egli ritorni?

Tognino. Io credo che ritornerà, quando avrà finito di fare quello che deve fare.

Ferdinando. Non c’è dubbio. Dice benissimo. In quell’età, pare impossibile ch’ei sappia dir tanto.

Rosina. Orsù, signore, gliel’ho detto e glielo torno a dire: guardi se stesso, e non istia a corbellare. (a Ferdinando)

Tognino. Mi corbella il signor Ferdinando? (a Ferdinando)

Costanza. Ditemi. Avete fatto colezione? (a Tognino)

Tognino. Io no, son venuto qui a farla.

Rosina. Ed io v’ho aspettato, e la faremo insieme.

Ferdinando. Ma! è fortunato il signor Tognino.

Tognino. Perchè fortunato?

Ferdinando. Perchè fa spasimar le fanciulle.

Costanza. Lasciamo andare questi discorsi. (a Ferdinando)

Rosina. (Povero il mio Tognino, non gli badate), (piano a Tognino)

Tognino. (Quando sarete mia, per casa non ce lo voglio), (piano a Rosina, e battendo i piedi.)

Ferdinando. Che cosa ha il signor Tognino?