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LE INQUIETUDINI DI ZELINDA 231

Lindoro. Cose da niente. L’avrà fatto semplicemente.... L’avrà fatto per non esser sentito.... V’ha confidato quello ch’è, quello che corre, quel che vuol fare per noi?

Zelinda. Voleva confidarmelo, ma non ho avuto più sofferenza.

Lindoro. Perchè? (con ansietà)

Zelinda. Perchè ha frammischiato il discorso con certi termini, con certe espressioni.... ch’io ho del merito, ch’ho delle grazie, ch’ho del talento.

Lindoro. Ha detto? (con ansietà, sforzandosi a non mostrar pena)

Zelinda. Così m’ha detto.

Lindoro. E bene. Se ha detto ch’avete del merito, vi ha reso giustizia. Se ha detto ch’avete delle grazie, del talento, ha detto la verità.

Zelinda. E non vi formalizzate di questo?

Lindoro. Oibò. Per qual ragione avrei da formalizzarmi?

Zelinda. Se vi dicessi il resto?

Lindoro. Il resto? (con un poco di calore)

Zelinda. Sapete voi la conclusion del discorso?

Lindoro. La conclusione?

Zelinda. Mi voleva prender la mano. (con calore)

Lindoro. Non c’è altro?

Zelinda. E vi par poco.

Lindoro. Un atto di civiltà, d’amicizia.

Zelinda. (Povera me!) (da sè) E voi avreste permesso ch’io gli avessi accordata questa finezza?

Lindoro. Gliel’avete data la mano?

Zelinda. No, non ho voluto.

Lindoro. E qual ragione avete addotta per non farlo? L’avete disgustato? gli avete parlato con villania?

Zelinda. Non son capace di questo. L’ho persuaso con civiltà; gli ho detto che la cosa per se stessa è innocente, ma che non parrebbe tale agli occhi di mio marito.

Lindoro. Ecco qui: voi mi volete render ridicolo; voi mi volete far passar per geloso. (con un poco di caldo)

Zelinda. Ma se so che lo siete. (dolcemente)