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246 ATTO SECONDO

Flaminio. Ho io qualche cosa da dire a voi. Ecco qui il signor avvocato che colla sua probità e colla sua mente ha trovato un progetto d’accomodamento, che si crede sarà di comune soddisfazione.

Eleonora. Sentite? Propone un accomodamento. (a Pandolfo)

Filiberto. La proposizione merita d’essere ascoltata.

Eleonora. Tacete voi. Lasciate parlare al signor Pandolfo. (a don Filiberto)

Pandolfo. Signore, la signora donna Eleonora ha preso il suo partito. Vuol la sua libertà, vuol che le si accordi la donazione, o si farà lite. (a don Filiberto)

Avvocato. Carissimo signor Pandolfo, voi siete un uomo di garbo, voi conoscete quest’affare quanto lo conosco io, e forse meglio di me. Perchè volete voi immergere questa degna famiglia in una causa inutile, in tempo che si potrebbe accomodare, e risparmiare le spese?

Filiberto. Se si possono risparmiare le spese...

Eleonora. Volete tacere e lasciar parlare il signor Pandolfo? (a don Filiberto)

Pandolfo. È giusta l’idea di risparmiare le spese, quando il risparmio non pregiudica le ragioni di un terzo.

Avvocato. Amico, pregiudica forse le ragioni vostre? (a Pandolfo, scherzando)

Pandolfo. Mi maraviglio di voi, e non sono capace... Signori miei, voi non sapete cosa sono queste proposizioni di accomodamento, ne dove vadano ordinariamente a finire. Ve lo dirò io. Si propone d’accomodarsi per risparmiare le spese, e intanto si spende per trattar l’accomodamento; poi le parti non s’accordano, si fanno nascer delle nuove difficoltà, l’accomodamento va a monte, e si fa la lite. Così si ha perduto il tempo, son gettate le prime spese, e si raddoppiano le seconde.

Eleonora. Sentite? (a don Filiberto)

Filiberto. Mi piacerebbe sentire il signor avvocato.

Eleonora. Che uomo testardo, insoffribile, cavilloso!

Avvocato. S’acquetino di grazia, e si degnino ascoltarmi. Sen-