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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/262

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256 ATTO SECONDO

Lindoro. Oh circa allo spirito poi, v’assicuro... Ecco qui il signor don Flaminio che lo può attestare; è d’una vivacità e d’una prontezza ammirabile.

Zelinda. (Ecco la ragione per cui non si cura di me). (da sè)

Lindoro. Avrete piacer grandissimo a conoscerla, a praticarla.

Zelinda. (Io praticarla? il sangue mi si rimescola tutto), (da sè)

Lindoro. E poi la più brava economa che dar si possa. Ha un’abilità infinita in tutte le cose.

Zelinda. Non posso più. (comincia a fremere e sentirsi male)

Lindoro. Vi terrà compagnia, vi divertirà...

Zelinda. (Forzandosi di tener la collera, principia a tremare, a traballare, e le vengono le convulsioni.)

Lindoro. Oimè! cos’avete? (sostenendola)

Flaminio. Animo, animo. Cos’è questo? (la sostiene)

Lindoro. Zelinda, Zelinda. (scuotendola, ed ella continua)

Flaminio. Che vuol dire quest’improvviso tremore?

Lindoro. Non saprei; è qualche tempo che sta poco bene.

Flaminio. Che fosse gelosa della cameriera?

Lindoro. Oh è impossibile. Come mai può esser gelosa una donna che detesta la gelosia?

Flaminio. Bisognerebbe darle qualche soccorso. Ehi, chi è di là? C’è nessuno? (sempre scuotendola)

Lindoro. Povero me! Se avessi qualche cosa per farla rinvenire. (sempre riscuotendola)

Flaminio. Lo spirito di melissa è nella mia camera.

Lindoro. Anderò a prenderlo.

Flaminio. Ci anderò io.

Lindoro. No, no, sostenetela, che farò più presto io. (parte correndo)

SCENA XV.

Don Flaminio e Zelinda.

Flaminio. Sono nel maggior imbarazzo del mondo... Pesa terribilmente... Se potessi porla sopra una sedia... (tenta d’accostarla