Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/320

Da Wikisource.
314 ATTO PRIMO

Gottardo. Ma, se fosse tardi, non voglio che venghiate sola.

Placida. Io non ho paura di nessuno.

Gottardo. Ed io ho paura, e non voglio che venghiate sola.

Placida. Bene, vi aspetterò. È meglio ch’io vada subito, perchè mi ha pregato mia madre che vada quando posso a tagliarle delle camicie1 e così le farò il piacere, e resto a pranzo da lei.

Gottardo. Bene, andate e salutatela da parte mia, e ditele che circa al lino, di cui mi ha parlato... ma no, non le dite niente, che già verrò io a prendervi, e le parlerò.

Placida. Non c’è bisogno che voi venghiate, poichè già può essere che non mi troviate.

Gottardo. E perchè può essere che non vi trovi?

Placida. Perchè può essere che quando ho pranzato, ritorni a casa.

Gottardo. Signora, voi aspettatemi.

Placida. Oh quest’è bella! non posso venire a casa quando mi pare e piace?

Gottardo. Signora no, quando vi dico che m’aspettiate.

Placida. Ecco qui, vuol a suo modo. Mi contende fino le più picciole cose, che non servono a niente, per dispetto, per astio, per ostinazione.

Gottardo. Io non vi domando cose che non siano da domandare, e se voi ci avete delle difficoltà, vi sarà sotto qualche mistero.

Placida. Mi maraviglio di voi...

Gottardo. Datemi la chiave della porta.

Placida. La chiave della porta!

Gottardo. Sì, la chiave della porta.

Placida. Non avete la vostra chiave? Che bisogno c’è della mia?

Gottardo. Datemela, e non pensate altro.

Placida. Ho capito. Ha paura ch’io venga a casa. Non son padrona di niente. Ecco la chiave. Si serva come comanda. (getta la chiave in terra)

Gottardo. È la maniera questa di darmela? (con flemma)

Placida. Povera me! Chi me l’avesse detto...

  1. Ed. Zatta: camiscie.