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432 ATTO SECONDO

Bortolo. Ghe domando se ghe piase le gallinazze.

Cattina. Sior sì, che le me piase assae. (con caricatura)

Bortolo. Xele belle?

Cattina. Bellissime.

Bortolo. Mo cossa?

Cattina. Le gallinazze.

Bortolo. La compatissa. (dandole una gallinazza sul piatto)

Cattina. La ringrazio tanto.

Cecilia. Caspita, la la sa longa!

Zanetto. (Taglia un piatto ch’è dalla sua parte, ne mette sopra un tondo, e l’offerisce a Cattina) A ella. (a Cattina)

Cattina. Grazie. (rifiuta)

Zanetto. La favorissa.

Cattina. No dasseno.

Zanetto. La se degna. (con più forza)

Cattina. Mo no la vede che son drio1 sta gallinazza?

Zanetto. Co no la vol, la lassa star. (butta il tondo in mezzo la tavola)

Cecilia. Oe, oe, sior, dove credeu d’esser? Al magazzin2?

Zanetto. La perdona. Ho fatto mal, xe vero. Ho mancà de rispetto. (si alza) Signori, ghe domando a tutti perdon. (gli vien da piangere, e si getta a sedere.)

Tutti. (Ridono.)

Zanetto. (Si alza, passeggia e batte i piedi.)

               Cecilia. L’è matto sior Zanetto,
               L’è matto poveretto,
               L’è matto in verità. (cantando, ma senza grande impegno di musica)
Lissandro. Signori, compatilo,
               Che anca a mi el me fa peccà3. (col medesimo canto)

Tutti. (Ridono, applaudiscono, dicono bravi e battono le mani.)

Zanetto. Deme da bever. (torna a sedere e gli danno da bere) Sangue de diana, se vaga a far squartar la malinconia. Alla salute...

  1. Drio, dietro; esser drio, essere intenti a un lavoro: v. Boerio.
  2. Più comunemente magazen, bettola: voi. II, 490, n, 6 e 549, n. 1.
  3. Peccà significa qui compassione.