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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/241

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frattanto che Dorval arriva, vediamo un poco. Ecco la disposizione de’ miei pezzi, ecco quelli di Dorval. Io pongo il il re alla casa della sua torre, Dorval pone l’alfiere alla seconda casa del suo re. Io... scacco; e prendo la pedina... ha egli preso l’alfiere Dorval? Sì, l’ha preso, e io... doppio scacco col mio cavallo. Per bacco! Dorval ha perduta la regina. Ei avanza il re, io prendo la regina. L’uomo accorto, che si crede maestro, col re ha preso il mio cavallo; ma peggio per lui, eccolo nella rete, è impegnato col re; ecco la mia regina, sì, eccola: scacco matto; la cosa è chiara, evidente, scacco matto, la partita è guadagnata...1 Ah! se Dorval venisse, gli farei vedere... (chiama) Picard.

SCENA X.

Geronte, Leandro.

Leandro. (Da sè) (Mio zio è solo... se volesse ascoltarmi...)

Geronte. Aggiusterò il gioco com’era prima, (chiama ad alta voce) Picard.

Leandro. (A Geronte) Signore...

Geronte. (Credendo di parlare a Picard) E bene! Hai ritrovato Dorval?

SCENA XI.

Geronte, Dorval, Leandro.

Dorval. (Entra per la porta di mezzo, e dice a Geronte) Eccomi, amico, eccomi.

Leandro. (Con risoluzione a Geronte) Mio zio.

Geronte. (Voltandosi s’avvede di Leandro, s’alza con impeto rovesciando la sedia, e sorte per la porta di mezzo senza parlare.)

  1. Con l’aiuto del testo originale francese correggo un po’ la punteggiatura qui difettosissima.