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ROSMONDA | 145 |
Forse il cenno del padre... (Ah troppo dissi,
Troppo incauta trascorsi). Il padre mio
Tuo nemico fia sempre; ed io costante
Non cesserò di secondar suoi sdegni.
Germondo. Che barbara virtù! Guardie, Alerico
Trovisi; a me si guidi, e s’ei ricusa,
Strascinato al mio piè... Ma se non erro,
Minacciosa fuggir la reggia il veggo.
Si trattenga l’audace e a me sia scorto.
Rosmonda. (Stelle, che mai sarà?) (partono alcune guardie
Germondo. (Resisti, o core,
Segui ad esser crudel con un ingrato).
SCENA IV.
Alerico fra guardie, e detti.
Che fai tu qui col mio nemico? Indegni,
Mi chiamaste voi dunque acciò ch’io fossi
Presente a’ scorni miei?
Rosmonda. Padre, t’inganni,
E Rosmonda infedel tu chiami a torto.
Son costante anche troppo, e il tuo divieto
Con troppa gelosia serbo nel cuore.
Chiedi a Germondo, o genitor, se un guardo,
Se una dolce parola o un sol sospiro
Da me ottenne il suo pianto; a te pensando
Sprezzai minaccie, ricusai promesse,
E il sangue offersi della destra in cambio.
Alerico. Lo volessero i Dei!
Germondo. Cruda, ostinata
Imitatrice della tua ferocia
Fu Rosmonda finor; qui non venisti