Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/149

Da Wikisource.

ROSMONDA 147
Nulla perdo perdendo anche la vita.

Germondo. (Che forsennato ardir!) (da sè
Rosmonda.   Ma padre... Oh stelle!
Tu morir, tu lasciarmi? (piange
Alerico.   E che ci toglie
Questa morte che piangi? A me di vita
I più miseri giorni; a te un cadente
Oppresso genitor. Del tuo nemico
Temi sola restar fra i lacci indegni?
Sai la via di seguirmi. Un colpo alfine
Può deluder dell’empio ogni speranza.
Germondo, udisti, io di morir m’eleggo.
Germondo. E morte avrai. Custodi, il re superbo
Di catene si cinga.
Rosmonda.   Ah no, sospendi
La sentenza fatalo. Tanto rigore
Differisci, Germondo.
Germondo.   O la tua destra
Dammi, o vada a morire.
Rosmonda.   Oh padre! oh sorte!
(piangendo
Alerico. Figlia, se del mio amor punto ti cale,
Mostrami il tuo valor; stilla di pianto
Guardati di versar sul mio destino.
Mira se pianger vuoi, mira l’oggetto
Delle lagrime tue. D’Attilio il sangue
Dal tuo cuore le sprema, e alla vendetta
Ecciti il tuo dolor, non ai sospiri.
A me più non pensar, salvo ch’allora
Ch’imitar tu dovessi il mio coraggio.
Rosmonda. Ahimè! mancami il cor.
Alerico.   Deh parti, o figlia,
Parti; non funestar con il tuo pianto
L’intrepidezza mia.
Rosmonda.   Deh! padre amato,