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ROSMONDA 175
Vedrai languir le spente luci e il labbro,

E in aspetto d’orror cangiarsi il riso.
Rese fredde le membra a te saranno
Oggetto di terror, se prima furo
Incanto agli occhi tuoi; questo, Germondo,
È il fin della beltà. Deh! non volerti
D’una perdita vile affligger tanto.
Ama lo spirto mio che lungamente
Viverà, t’amerà. Piacciati, amico,
Più di me la mia fede... Oimè! già l’alma
Mi si stacca dal seno; al labbro è giunta,
Più non reggo le membra. Addio, Germondo.
Addio, padre adorato... Addio... per sempre. (parte
Germondo. Tu la segui, Cratero. Il cor mi manca.
Lei uccide il veleno e me il dolore.
Porgile, se v’è tempo, alcun soccorso. (parte Cratero
Barbaro genitor, qual cor mai vanti?
Non ti muove a pietà la propria figlia
Ch’a morir tu guidasti?
Alerico.   Invan pretendi
Ch’io ti sveli del cor gli occulti moti.
Se soffrir dee l’umanità il dolore,
Dee la virtù dissimularlo ancora.

SCENA VI.

Cratero che torna e detti.

Cratero. Ah mio re, non fu a tempo il mio soccorso,

Rosmonda fra le mie braccia morio.
Germondo. Infelice Germondo! Ecco perduta
Ogni speranza mia. Mira, superbo, (ad Alerico
Il barbaro trofeo di tua fierezza.
Alerico. Non tormentarmi più. Venga la spada
A troncar il mio capo. Il cenno tuo