Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/235

Da Wikisource.

LA GRISELDA 233
Griselda. E soffrirai, donna gentil, ch’io sia

Da sì barbara legge oppressa in corte?
Oronta. Vieni, non paventar, meco starai.
Rispetterà Gualtier per mia cagione
Teco tanto a me cara.1 Andiam, può darsi
Che si torni a cangiar per te la sorte. (parte
Griselda. Vanne, ti seguirò. Serva mi vuole
Della stessa rivale il mio destino.
M’è crudele Gualtier; tutta la reggia
M’insulterà: che far deggio? Si vada,
E si serva al destin; non è finita
La mia favola ancor. Vediam sin quando
Di me gioco si prenda empia fortuna.
Nè partirò pria di veder l’amato
Caro mio genitor. No, non fia mai.
S’ei torna alla capanna, e me non trova,
Morirà di dolor.



SCENA XI.







Corrado e detta.






Corrado.   Donna, m’impone
Il Re, che alla sua reggia t’accompagni.
Griselda. Grata m’è la tua scorta, e ben son io
Per sì buon condottier lieta e felice;
Ma perdona, signor, l’antico padre
Vorrei pria riveder.
Corrado.   Ti compatisco.
Dove sta il padre tuo?
Griselda.   Dir noi saprei.
Qui fra poco verrà.
Corrado.   Dunque per poco
Teco l’attenderò.
Griselda.   Grazie di tanta

  1. Così si legge nel testo.