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414 ATTO TERZO
Niuno ardisca d’opporsi. A me Rinaldo

Fate tosto che venga.
Gano.   (Oh qual periglio!) (a parte
Non potreste, Signor...
Carlo.   Tosto eseguite.
Gano. V’ubbidirò. (Non mi tradir, fortuna). (a parte, e via
Orlando. Ah Signor, preme troppo ai Maganzesi,
Che Rinaldo non parli.
Clarice.   I scellerati
Temono l’innocenza.
Carlo.   Ite, Clarice:
Fidatevi di me. Salvo il decoro
Del diadema real, Rinaldo in Carlo
Avrà il suo difensor.
Clarice.   Tutta confido
Nella vostra pietà. (parte
Carlo.   Seguite, Orlando,
La sventurata.
Orlando.   A custodirla intanto
Io veglierò. Spero che il suo consorte
Libero renderete, e i traditori
Discoperti e convinti avran la giusta
Pena del loro temerario eccesso. (segue Clarice
Carlo. Se alla virtù, se all’opre di Rinaldo
Volgo il pensier, di tradimenti indegni
Incapace lo scorgo; e se le accuse
Odo de’ miei ministri, il più infedele
Di lui non v’è. Voglia il destin ch’io sappia
Alfine il vero. Il perderlo innocente
Danno sarebbe, e ’l nol punir, se reo,
Fora eguale periglio. Eccolo. Oh come
Della1 fronte genial risplende un raggio
Di fedeltà! M’inganneria se fosse
Traditore costui.

  1. Nelle edizioni dell’Ottocento si legge: Dalla.