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parte prima - capitolo xix | 133 |
Ho un grand’obbligo a Dio del temperamento risibile che m’ha concesso.
Mio fratello Francesco aveva scritto da Corfú che si imbarcava per venire, e credei opportuno l’attendere pazientemente la sua venuta, per avere un appoggio alle mie innocenti intenzioni. Ero solo, isolato, odiato e contemplato come una cometa minaccevole.
Per distormi dagli amari pensieri richiamava tutti i miei spiriti e gli obbligava ad occuparsi a scrivere de’ ruscelli di versi, di prose e di fantasie.
In una lunga concatenazione di persecutori pensieri afflittivi di tutti i miei giorni, sino al punto in cui scrivo ora, oltre al soccorso del mio interno robusto e democraziano, non ho cercato altra distrazione che quella di studiare l’umanitá e quella d’empiere infinite risme di versi e di prose satiriche, morali e di spirito. Posso dire che lo immaginare e lo scrivere sia stato a’ miei dolenti pensieri ogn’ora quello che sono gli opiati calmanti a’ dolori di ventre.