Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/223

Da Wikisource.

parte prima - capitolo xxxiv 217


Affidando egli all’aura favorevole popolare che possedeva e mettendo in ridicolo per quanto poteva con de’ modi legittimamente ridicoli e dozzinali la colta regolaritá, non senza qualche ingiuria che teneva del plebeo, che non aveva nessuna relazione con le questioni letterarie, proccurando di tenere in soggezione la mia penna col bucherare de’ signori, ch’egli appellava «i suoi cari padroni», si è lusingato di fare una sua vendetta e di strozzare la veritiera mia innocente Tartana.

Il suo cruccio infelicemente astuto fu per me la piú bella scena comica ch’egli facesse, e mi disposi a dargli de’ motivi di accrescerla.

Aveva io promesso a’ due soprannomati cavalieri di non porre alle stampe i due detti opuscoli miei, e nessuno poté indurmi a contraffare alle mie promesse; ma scorgendo l’indefesso nauseoso insolentire del poeta comico, m’apparecchiai a delle difese molto piú comiche delle sue, e che non dovessero che spassare i lettori e persuaderli per la blanda via delle risa.

Niente si vince in cosí fatte poco importanti questioni, quando non si voglia incontrare una controversia critica regolata, che verrebbe letta da pochi, e con de’ sbadigli, senonché col rovesciare un piacevole ridicolo sulle spalle di chi piú lo merita; e sperando io di non meritare cotesto ridicolo, m’ingegnai a rimandarlo a chi in me lo voleva con delle composizioni facete, laconiche e convincenti, le quali, tenendo i sali, la vivacitá, le pitture e l’odore della satira lecita, erano ricercate, ricopiate e lette universalmente e allegramente.

Non usciva nessuna delle frequenti raccolte poetiche che a Venezia si accostumano anche troppo, ad onta del cattivo poemetto dell’abbate Bettinelli con cui pretese di sopprimerle, che non contenesse una giostra di versi tra me e il mio buon amico Goldoni, che ad onta delle sue collere fu sempre da me considerato mio buon amico e infelice scrittore.

Egli s’era fatto registrare nella famosa accademia degli Arcadi di Roma col nome di «Polisseno Fegeio», fregio altitonante, che comunica quelle qualitá di buon poeta e di buon scrittore che sono note a chi intende il mondo poetico e la vera eloquenza.