Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/224

Da Wikisource.
218 memorie inutili

Lontanissimo io dall’acquistarmi un nome nell’Arcadia da spaventare, mi contentai di rimanere col nome di «Solitario» nella mansueta accademia de’ granelli.

Contrapposi a molte languide e goffe favate metriche, che il Goldoni impastricciava contro a me e contro gli amatori del purgato scrivere, favate ch’egli intitolava Poemetti e ch’erano un dipresso come quello del Bettinelli contro le raccolte, un mio burlesco poemetto per nozze a cui posi il titolo de’ Sudori d’Imeneo, che feci uscire dalle stampe.

Questa operetta fece una rivolta di geni ch’egli non si aspettava.

Furono innumerabili le poesie da me scritte, con de’ metri differenti e sempre facete, di critica al costume e di martirio a’ cattivi scrittori del nostro secolo. Erano allora, come suol avvenire a tutte le coraggiose novitá d’un tal genere, ricercatissime, lette piú che non sono le serie poesie; facevano un gran sussurro, e non facevano nessun frutto.

Siccome io non ebbi giammai la flemmatica diligenza ambiziosa di tener conto o registro alcuno de’ miei capricciosi poetici lavori né delle mie prose, come quello che non somiglia punto né poco agl’innamorati dell’opere loro, cosí posso dire soltanto che parte uscirono dalle stampe e parte rimasero inediti manoscritti.

Se mi si chiedesse (il che non avverrá mai) dove si potessero rinvenire, risponderei: — Appresso di me non giá.

Alcuni amici miei, tra’ quali il signor Raffaele Todeschini, veneto giovine d’impuntabile onoratezza e d’ottimo discernimento, ma un po’ troppo gentilmente per me prevenuto, e il signor Sebastiano Muletti, bergamasco, posseditore d’una scelta raccolta di libri e un po’ troppo amante della poesia, si sono fatti volontari archivisti di tutte le bazzecole mie letterarie che hanno potuto raccogliere dalla mia noncuranza.

Tutti i sopra accennati colpi in difesa de’ buoni scrittori ed atti a porre in un aspetto ridicolo i cattivi seminatori della mostruosa libertá della incoltura e de’ bestiali deliri poetici, non lasciavano certamente illese le opere dell’abate Chiari. Pure, o fosse egli piú astuto del Goldoni, o consigliato da degli amici avveduti, o non si degnasse di abbassarsi a difendere la sua gran