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parte seconda - capitolo iv 265

i Pitocchi fortunati, aveva donati al Sacchi la Donna serpente, la Zobeide, il Mostro turchino, con un sempre maggiormente strepitoso ottimo avvenimento, sino all’anno sopraddetto 1766.

L’andazzo di quel genere desiderato e ubertoso, piantato nella sola compagnia del Sacchi e che danneggiava oltremodo le altre comiche compagnie, fece risolvere degli altri, chiamati poeti, a divenire imitatori (come suol avvenire negli andazzi teatrali) del mio genere, per soccorrere quelle compagnie.

Essi affidarono alle immense decorazioni, alle trasformazioni e alle agghiacciate buffonerie. Non intesero né il senso allegorico, né la urbana satira sul costume, né la forza dell’apparecchio, né la condotta, né lo spirito, né l’arte, né il vigore intrinseco del genere da me trattato. Dico: non intesero gl’ingredienti da me adoperati, per non dire: non ebbero la facoltá intellettuale di possederli né quella di saperli usare; e riscossero quel castigo nelle universali opinioni, che meritava il disprezzo da essi dimostrato a’ miei generi e a quel pubblico che gli aveva applauditi.

Un ammasso di maraviglie, d’assurdi, di scurrilitá, di prolissitá, di puerilitá, di snervatezze, e nonnulla significante, non fa un’opera scenica degna di far nelle menti alcuna durevole impressione; e la pubblica dimenticanza de’ generi imitati dai miei, e la poca resistenza in su’ teatri degli altri vari generi, o romanzeschi o famigliari o promotori del pianto o promotori delle risa, detti colti e verisimili, spesso incoltissimi e inverisimilissimi, quasi sempre l’uno all’altro somigliantissimi, che furono introdotti nel lungo corso di trent’anni tra noi; e il bene che fu scritto e stampato, e il male che fu scritto e stampato de’ miei generi; e la durevole comparsa con frutto che fanno ancora sulle nostre scene e sopra quelle delle altre nazioni, tradotti, ad onta della loro vecchiezza; e la scipita critica che seguono a fare anche oggidí gli affamati inetti scrittori per dar movimento alla miseria de’ lor fogli periodici, e quella degl’invidiosi accaniti eterni seccatori de’ diretani, loro condiscepoli, e che s’intendono di educazione de’ popoli appunto come i condiscepoli loro, dopo quasi trent’anni di sussistenza in sul