Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/277

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parte seconda - capitolo v 271

forte, la direzione del signor marchese Terzi averebbe goduta una di quelle felicitá che il cielo permette per uno di quegli arcani che a noi non è concesso di penetrare.

Furono pesantissime le mie fatiche corporali e mentali nell’applicare al mio scrittoio, a quello de’ miei avvocati, nello scrivere, nel ricopiare scritture e materie ributtatissime dal mio cuore, e nel correre alle ore determinate da’ miei difensori e nel fòro.

Il mio avversario, fornitissimo di gran signori aderenti, mi predicava a tutte le societá torbido, indiscreto, molesto, cavilloso ed ingiusto. Riceveva qualche rimprovero poco clemente, al quale mi contentava di rispondere con un sorriso significante.

Poco uffizioso e poco ciarliere per natura, ho sempre risparmiata la fatica delle giustificazioni sulle da me conosciute inurbane e false disseminazioni ed accuse.

Fui abbandonato improvvisamente dal piú importante mio difensore, causidico signor Antonio Testa, che aveva sino a quel punto diretta la contestazione di quel piato affannoso. Egli era carico oltremodo di pesi forensi. La mia causa richiedeva molte ore di applicazione, ch’egli non poteva piú concedermi. La impossibilitá dal suo canto e la convenienza dal canto mio cagionarono quell’abbandono. Gl’infiniti tratti di buona amicizia che aveva prima per un lungo corso d’anni ricevuti e quelli che ricevei posteriormente tennero sempre fermo nell’animo mio il sentimento di cordialitá e di riconoscenza verso di lui.

Era io ridotto isolato e solo alla difesa, alle angustie, alle fatiche, a’ dicervellamenti, alla scherma, alle spese di quel fastidioso litigio.

Tutti que’ pesi dovevano cagionarmi una malattia. Non mancarono di cagionarmela, ed io non mancai di sofferirla pazientemente, senza perdere una dramma della mia costanza.

Parrá forse impossibile che il balsamo ch’io cercava alle mie ferite fosse, nelle poche ore disoccupate dall’esercizio affannoso di piatitore, l’inventare e il comporre de’ generi poetici bizzarri teatrali.