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CAPITOLO XXI

Alcuni aneddotuzzi noiosi ma necessari a sapersi, relativi alla comica Ricci,

al signor Pietro Antonio Gratarol ed a me.

Stanco di soffrire in una specie di prigione la tediosa lunga mia convalescenza, volli, a dispetto del medico, della stagione fredda e piovosa, uscire di casa. In iscambio di pregiudicarmi, parvemi che quella mia temeritá mi giovasse, e di sentirmi meglio dopo due o tre giorni di misurato esercizio.

Per divertirmi mi portai anche ne’ stanzini del teatro, una sera di commedia, da’ miei comici protetti, i quali con voce alta unissone mostrarono un comico giubilo di vedermi.

Tuttoché sul palco scenario del Sacchi non si ricevessero per austeritá che poche persone e amicissime, non ebbi stupore dal canto mio di trovare ne’ stanzini la novitá della persona del signor Pietro Antonio Gratarol, tutto splendore ne’ vestiti, con un pelliccio di rare bestiuole, coperto d’un drappo di seta color ponsò, che dispensava agrumi canditi, «diavoloni» napoletani e altre delizie di questo genere. Egli m’usò delle gentilezze, presentando anche a me de’ suoi dolci, come s’io fossi stata una bella ragazza.

Ho retribuito con de’ ringraziamenti alle sue pulitezze, e mi guardai bene di non dir parola a nessuno sopra quella novitá di persona introdotta ivi, contraria alle massime della compagnia.

Fui anche alla casa della Ricci a farle una visita, ma in un’ora in cui era certo di non trovar la visita del signor Gratarol, e conservando un perfetto silenzio sulla di lui persona.

Trovava ogni sera ne’ stanzini del teatro quel signore, con nuove magnificenze e semine di confezioni; e visitava talora la Ricci, ma sempre in un’ora da non trovarlo.

Sperava, traccheggiando per tal modo, di giugnere al fine di quel carnovale senza sussurri e senza ciarle, e di poter attendere