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parte seconda - capitolo xxiii 383

amiche tra le quali ero anch’io annoverato, si andava ad una allegra cena ordinata all’osteria; e siccome a quella consueta cena aveva sempre condotta meco la mia comare Ricci, volli anche quella sera compier l’opera mia conducendola.

Terminata la cena giuliva, fu proposto da’ commensali di andar tutti all’opera che si faceva dopo la mezzanotte nel teatro in San Samuele. Per tal oggetto furono provvedute parecchie chiavi di palchetti in quel teatro, onde tutti i compagni si potessero collocare.

Avvenne per sorte che a me toccò d’essere solo testa a testa con la Ricci in uno di que’ palchetti. Ivi fu che finalmente, vedendomi al termine del carnovale e arrivato al punto desiderato, mi credei in facoltá di levare il freno alla lingua, rimproverando con calma e decenza la direzione di quella giovine, intimandole il fine della mia sofferenza. Ella volle rivolgere in uno scherzo la faccenda, adducendo che niente aveva scritto al Gratarol per sospendere le di lui visite, perché giá tutto era stato un capriccio effimero carnovalesco che avrebbe fine col carnovale. Parve a lei ch’io avessi bisogno di quella sua asserzione, di cui non aveva io alcuna necessitá nel mio passo determinato.

Risposi con fermezza ch’ella poteva godersi le conseguenze de’ suoi capricci e seguitarli con chi a lei piaceva, non solo nel carnovale ma nella quaresima e per quante stagioni correvano nel passare degli anni; che a me bastava ch’ella non cercasse di sturbare la mia quiete nel fermo e inalterabile allontanamento che aveva fissato da lei da quel punto; ch’io sapeva benissimo che, allontanandomi, ella rimaneva esposta a un’infinitá di persecuzioni e insolenze, ma ch’io non aveva colpa d’un suo male, per evitare e per rimediare al quale m’era dicervellato e abbassato anche troppo. — L’opera di cinqu’anni d’un vostro sincero amico in vantaggio del vostro onore e del vostro stato — diss’io — non riceve infine che della vergogna d’essere stata mal impiegata. Queste sono le ricompense che voi date in rimunerazione. Vi perdono tutto, vi lascio nella vostra libertá, e chiedo soltanto di non aver inquietezze dal canto vostro nel mio allontanamento determinato.