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Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/16

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1929-1930 primo quaderno 9

rore di politica. Machiavelli legato al suo tempo: 1) lotte interne nella repubblica fiorentina; 2) lotte tra gli stati italiani per un equilibrio reciproco; 3) lotte degli stati italiani per equilibrio europeo.

Su Machiavelli opera l’esempio della Francia e della Spagna che hanno raggiunto una forte unità statale *. Fa un «paragone ellittico» come direbbe il Croce* e desume le regole per un forte stato in generale e italiano in particolare. Machiavelli è uomo tutto della sua epoca e la sua arte politica rappresenta la filosofia del tempo che tende alla monarchia nazionale assoluta, la forma che può permettere uno sviluppo | e un’organizzazione borghese. In Machiavelli si trova in nuce la separazione dei poteri e il parlamentarismo; la sua «ferocia» è contro i residui del feudalismo, non contro le classi progressive; il principe deve porre fine all’anarchia feudale e ciò fa il Valentino in Romagna, appoggiandosi sulle classi produttive, contadini e mercanti. Dato il carattere militare del capo dello stato, come si richiede in un periodo di lotta per la formazione e il consolidamento del potere, l’indicazione di classe contenuta nell’Arte della guerra si deve intendere per la struttura generale statale: se i borghesi della città vogliono porre fine al disordine interno e all’anarchia esterna, devono appoggiarsi sui contadini come massa, costituendo una forza armata sicura e fedele*. Si può dire che questa concezione essenzialmente politica è così dominante nel Machiavelli che gli fa commettere gli errori di carattere militare: egli pensa specialmente alla fanteria, le cui masse possono essere arruolate con un’azione politica, e perciò misconosce il valore dell’artiglieria. Insomma deve essere considerato come un politico che deve occuparsi di arte militare in quanto ciò è necessario per la sua costruzione politica, ma lo fa in modo unilaterale, perché non li è il centro del suo pensiero.

Cfr Quaderno 13 (xxx), pp. 5a - 6.


§ (11). Dell’originalità nella scienza. Einaudi: «Una teoria non va attribuita a chi la intuì, o per incidente la enunciò o espose un principio da cui poteva essere dedotta o raccontò slegatamente le diverse nozioni, le quali aspiravano ad essere ricomposte in unità». Manca la parte positiva accennata in seguito nella frase: «in quale altro libro fu assunto come oggetto “voluto” di “par|ticolare” trattato la seguente proposizione, ecc.?» Il Croce: «Altro è metter fuori un’osservazione incidentale, che si lascia poi cadere senza svolgerla, ed altro stabilire un principio di cui si sono scorte le feconde conseguenze; altro enunciare un pensiero generico ed astratto ed altro pensarlo realmente e in concreto; altro, finalmente, inventare, ed altro ripetere di seconda o di terza mano». L’enunziazione dell’Einaudi è molto difettosa e piena di curiose improprietà linguistiche, ma è derivata dal Croce (Einaudi, «Riforma Sociale», 1929, p. 277; Croce, Mat. storicoiv, p. 26)*

Cfr Quaderno 10 (xxxiii), pp. 5 a - 6.