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6yo QUADERNO 5 (ix) ratterìstici del Fanelli citati dalla «Civiltà Cattolica»: «Il sistema (deH’industrialismo meccanico) presenta l’inconveniente di riassorbire per indiretta via, neutralizzandola, la massima parte dei materiali vantaggi che esso può offrire. Dei cavalli-vapore installati, i tre quarti sono adibiti nei trasporti celeri, resi indispensabili dalla necessità di ovviare ai facili deperimenti che cagionano i forti concentramenti di merci. Della quarta parte, adibita alla concentrazione delle merci, circa la metà è impiegata nella produzione delle macchine, sì che, a somme fatte, di tutto l’enorme sviluppo meccanico che opprime il. mondo col peso del suo acciaio, non altro che un ottavo dei cavalli installati viene impiegato nella produzione di manufatti e delle sostanze alimentari»2 (p. 205 del libro). « L’Italiano, temperamento asistematico, geniale, creatore, avverso alle razionalizzazioni, non può adattarsi a quella metodicità della fabbrica, in cui solo è riposto il rendimento del lavoro in serie. Che anzi, l’orario di lavoro diviene per lui puramente nominale per lo scarso rendimento ch’egli dà in un lavoro sistematico. Spirito eminentemen- 70 bis te i musicale, l’Italiano può accompagnarsi col solfeggio nel lavoro libero, attingendo da tale ricreazione nuove forze ed ispirazioni. Mente aperta, carattere vivace, cuore generoso, portato nella bottega... l’Italiano può esplicare le proprie virtù creative, a cui, del resto, si appoggia tutta l’economia della bottega. Sobrio come nessun altro popolo, l’Italiano sa attingere, nella indipendenza della vita di bottega, qualunque sacrifizio o privazione per far fronte alle necessità dell’arte, mentre mortificato nel suo spirito creatore dal lavoro squalificato della fabbrica, egli sperpera la paga nell’acquisto di un oblio e di una gioia che gli abbrevian l’esistenza»3 (p. 171 del libro). Il libro del Fanelli dal punto di vista culturale corrisponde all’attività letteraria di quegli scrittori provinciali che ancora continuano a scrivere continuazioni, in ottava rima, alla Gerusalemme liberata, al- TOrlando Furioso, ecc. È pieno settecentismo: lo stato di natura è sostituito dalT«artigianato» e dalla sua patriarcalità. Ë curioso che simili scrittori, che combattono per l’incremento demografico, dimenticano che l’aumento della popolazione nel secolo scorso, è strettamente legato allo sviluppo del mercato mondiale. Il recensore nota giustamente che ormai l’artigianato è legato alla grande industria e ne dipende: esso riceve dalla grande industria materie prime semilavorate e utensili perfezionati. Che l’operaio di fabbrica italiano dia una relativamente scarsa produzione può esser vero: ciò dipende (dal fatto) che l’industrialismo in Italia, abusando della massa crescente dei disoccupati (che l’emigrazione solo parzialmente equilibrava), è stato sempre un industrialismo di rapina, ha speculato più sui salari che sull’incremento tecnico; la proverbiale «sobrietà» degli stabilimenti significa semplicemente che non è stato creato un tenore di vita alimentare adeguato al consumo di energie domandato dal lavoro di fabbrica. Il tipo coreografico dell’Italiano è falso sotto tutti i rispetti: nelle categorie intellettuali sono gli italiani che hanno creato I’«erudizione», il lavoro paziente d’archivio: Muratori, Tiraboschi, Baronio, ecc., sono stati italiani e 1930-1932: (