Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/58

Da Wikisource.
la bellissima giudice, e, secondo

l’ordine e l’uso di Megara, andava
ciascheduna per sorte
a far de la sua bocca e de’ suoi baci
prova con quel bellissimo e divino
paragon di dolcezza,
quella bocca beata,
quella bocca gentil che può ben dirsi
conca d’indo odorata
di perle orientali e pellegrine;
e la parte che chiude
ed apre il bel tesoro,
con dolcissimo mèl purpura mista.
Cosi potess’io dirti, Ergasto mio,
l’ineffabil dolcezza
eh’i’sentii nel baciarla!
Ma tu da questo prendine argomento,
che non la può ridir la bocca stessa
che l’ha provata. Accogli pur insieme
quant’hanno in sé di dolce
o le canne di Cipro o i favi d’Ibla;
tutto è nulla, rispetto
a la soavitá ch’indi gustai.
Ergasto. Oh furto avventuroso, oh dolci baci !
Mirtillo. Dolci si, ma non grati,
perché mancava lor la miglior parte
de l’intero diletto:
davagli Amor, non gli rendeva Amore.
Ergasto. Ma dimmi: e come ti sentisti allora
che di baciar a te cadde la sorte?
Mirtillo. Su queste labbra, Ergasto,
tutta sen venne allor l’anima mia;
e la mia vita, chiusa
in cosi breve spazio,
non era altro che un bacio,
onde restar le membra,