Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/59

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quasi senza vigor, tremanti e fioche.

E quando io fui vicino
al folgorante sguardo,
come quel che sapea
che pur inganno era quell’atto e furto,
temei la maestá di quel bel viso.
Ma, da un sereno suo vago sorriso
assicurato poi,
pur oltre mi sospinsi.
Amor si stava, Ergasto,
com’ape suol, ne le due fresche rose
di quelle labbra ascoso.
E mentre ella si stette
con la baciata bocca,
al baciar de la mia,
immobile e ristretta,
la dolcezza del mèl sola gustai.
Ma, poi che mi s’ofTerse anch’ella e porse
l’una e l’altra dolcissima sua rosa,
(fosse o sua gentilezza o mia ventura,
so ben che non fu Amore),
e sonar quelle labbra
e s’incontráro i nostri baci (oh caro
e prezioso mio dolce tesoro,
t’ho perduto, e non moro?),
allor sentii de l’amorosa pecchia
la spina pungentissima soave
passarmi il cor, che forse
mi fu renduto allora
per poterlo ferire.
Io, poi ch’a morte mi sentii ferito,
come suol disperato,
poco mancò che l’omicide labbra
non mordessi e segnassi ;
ma mi ritenne, oimè! l’aura adorata
che, quasi spirto d’anima divina,