Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/103

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il nemico all’erta, fosse mestieri ritirarsi: i più paurosi, come suole, sbandaronsi e rotti gli ordini strascinarono nella fuga loro malgrado anco gli altri. Così salvai i barbari mandati da Dio a castigare i Romani440.

Quel sì magnanimo re degli animali Leone nelle cacce perigliose, negletta ogni altra bastia, me elesse pel mio valore compagno. Le belve atterrite troppo più dal mio raglio, che dal ruggito di lui, fuggivano ed egli attesele al varco le insaccava in carniera; laonde certo giorno al cospetto degli oratori del papa per onorarmi mi disse, come Augusto a Mecenate:

— Capitano Somaro, io vi son schiavo441 —.

E questo si trova scritto anco da Esopo, il quale quantunque per la malignità sua meritasse essere creato Barone, pure non seppe così adombrare il vero che suo malgrado non gli scappasse di bocca. Qui capita il destro di rimbeccare il proverbio: — Raglio di Asino non arriva in cielo. — All’opposto così egli ci arrivò che ragliando mise in fuga i Titani armati contro Giove, come più tardi San Michele Lucifero ribelle al suo Creatore: anzi dopo cotesto fatto io ci rimasi, e comecchè Annibale Gozzadini cavaliere bolognese cantando i miei fasti (i veri nobili al pari dei frati camminarono agli Asini parzialissimì) muova canori la-